Tra pochi mesi ci saranno le elezioni politiche cantonali. Una delle questioni più aperte riguarda la conferma o meno del seggio socialista in Consiglio di Stato. Un tema che concerne in primo luogo la sinistra stessa, che rischia dopo quasi 100 anni di essere esclusa dal Governo del nostro cantone.

Questo mio intervento ha quindi l’obiettivo di sollecitare una riflessione in generale, ma soprattutto in quelle donne e uomini di sinistra che considerando il PS un partito non in linea con le loro aspettative intendono quindi dare il loro sostegno per il Consiglio di Stato ad altri movimenti o Partiti quali l’MPS o il Partito Comunista, o magari astenendosi dall’andare a votare. In parte è una riflessione che potrebbe coinvolgere anche i Verdi, quelli almeno la cui sensibilità sociale non è disgiunta dalle loro legittime preoccupazioni ecologiche.

La critica principale che viene rivolta al PS è quella di essere un partito compromesso con la gestione del potere, un partito, in definitiva , che avrebbe rinunciato a lottare per il socialismo. Mi rendo conto che queste poche parole sono solo una stringata sintesi delle ampie e articolate critiche che vengono mosse al PS dai suoi critici di sinistra.

A mio avviso queste critiche ripropongono, in modo consapevole o meno , il vecchio dilemma che da sempre attraversa il movimento socialista, da noi, ma anche storicamente, in tutto il mondo. La contrapposizione cioè tra metodo riformista e metodo rivoluzionario.

In sintesi tra il metodo riformista , che intende promuovere gli interessi dei lavoratori e dei meno abbienti all’interno di un sistema liberal-democratico e tramite la via parlamentare, e il metodo rivoluzionario che intende ottenere gli stessi scopi tramite mobilitazioni di massa e atti anche insurrezionali .

La storia ha dimostrato che il metodo riformista ha contribuito a sviluppare società democratiche, con ampie libertà individuali e sistemi sociali avanzati; il metodo rivoluzionario, laddove ha portato al potere i partiti comunisti, ha generato dittature, violenze e negazione delle libertà individuali.

È vero che, specialmente se si è giovani e idealisti , il metodo riformista può apparire una forma di resa, se non addirittura di tradimento (anch’io anni fa condividevo questa visione ) ma l’esperienza poi ci insegna che non esistono «scorciatoie» per raggiungere obiettivi, e che sovente queste «scorciatoie» in politica hanno anche portato ad imboccare strade liberticide ( basti pensare agli assassinii compiuti dalle Brigate Rosse nella vicina Italia ).

Mi si dirà: ma cosa ha a vedere tutto questo con le prossime votazioni politiche ticinesi? Forse poco o niente, o forse può aiutare qualcuno a riflettere un attimo sull’importanza di avere ancora nel futuro un Partito socialista democratico e riformista in Ticino; 100 anni di impegno per difendere e promuovere i diritti dei lavoratori e delle classi sociali meno benestanti non dovrebbero essere interrotti magari per poche centinaia di voti negati al PS proprio da elettori di sinistra.

Attenzione quindi a «non buttar via il bambino con l’acqua sporca».

Ettore Delorenzi, Lugano (dal Corriere del Ticino del 18 gennaio 2019)